Ricetta

Prendete tanti sogni
spremeteli
ne farete un bambino.

Mettetelo a macerare
in una tazza piena di condizionamenti
ne caverete un dubbio.

Dategli un valore
pagatelo
e lasciatelo diventare adulto.

Quando sarà divenuto arido al punto giusto
non consentitegli
di avere abbastanza tempo per pensare.

Altrimenti si volterà indietro
e vi chiederà
di restituirgli la poesia.

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assolo

Uomo.
Solo, non ti rimane che
mischiare il tuo
ultimo regalo al
monopolio sul fondo di
una nebbia occasionale.
Cosa conta la birra?
Senti la chitarra?

Donna.
Sola, non ti resta che
sciupare il tuo corpo
in dollari ad una
webcam. A un social.
Cosa conta il cuore?
Dove hai perso la strada?

Non sempre un grazie
e un prego hanno lo
stesso accento.

Non sempre solo e
sola significa
insieme.

Non sempre siamo stati

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Farfalla

Asciutto.

E’ una regola da continuare ad imparare.

Quando si scrive bisogna essere asciutti. Andare al punto. Solo così si riesce a conservare l’attenzione di chi legge. Io, ogni tanto me ne dimentico, e fantastico.

Di sangue, di carne.. inutile. Bisogna asciugare il tutto. Bisogna essere precisi. E’, o vorrebbe essere, il mio mestiere.

Il punto è: cos’è stato fino a qui? E’ stato inseguimento (il mio, nei tuoi confronti), è stata accoglienza (la tua, nei miei confronti). Poi le regole sono cambiate, non so perché. Anche tu hai inseguito me, anche tu mi insegui. Anche io ti accolgo. Io ti aspetto.

Siamo stati complici, siamo complici. Nel retro di una macchina scomoda. Abbiamo passato più tempo in quella macchina che all’oratorio (almeno, per me vale).

Abbiamo parlato di cose inutili. Abbiamo sentito musica bellissima. Abbiamo amato, oh sì che abbiamo amato. Ognuno l’avverso.

Abbiamo danzato, almeno io ho danzato (tu hai osservato). Ci siamo spostati (io non so stare fermo). Ci siamo spogliati.

Non mi ricordo più se la tua faccia è sempre stata la stessa. Non credo. Credo che tu abbia cambiato faccia, così come hai cambiato il modo di darmi le gambe, di aprirle o di chiuderle.

Abbiamo fatto l’amore. Sinceramente. Noi abbiamo fatto l’amore. O abbiamo fatto sesso. Cosa cambia? Una definizione forse? Ma io penso che noi abbiamo fatto l’amore.

Mi ricordo i tuoi occhi, spauriti all’inizio del tempo. Conosco i tuoi occhi consapevoli.

Noi facciamo l’amore. Noi confrontiamo i nostri corpi. Il tuo ha bisogno di nutrimento. Il mio ne ha bisogno, punto e basta.

Altro? Si, c’è altro. C’è il sottotesto. Quello che non si dice, ma un buon autore lo deve riconoscere. Il sottotesto dice che bisogna studiare. Bisogna impegnarsi. Bisogna sudare, se si vuole capire qualcosa in più.

Cosa significa capire? Significa entrare. Significa conoscere. Significa esserci. Significa che anche tu, si anche tu, ci devi essere. Significa non avere paura. Da entrambe le parti.

Cosa vuoi, la nostra è una storia breve.

Nessuno sa cosa significa domani.

Eppure lo sappiamo tutti e due. Perché siamo grandi.

Io ho avuto la fortuna di vedere la crisalide trasmutarsi in farfalla.

E’ una fortuna. Non capita a tutti.

Ora la farfalla deve spiccare il volo. Il suo deve essere un volo leggero, silenzioso, felice, infinito.

Io la lascerò volare. Io sarò la margherita che aspetterà il suo atterraggio. Vola. Se ne sei capace. Farfalla.

Io sono nel cielo. Da sempre.

Ma, ti prego, vola.

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La dòna

(cantato dalle mie memorie degli avi)

La dòna la sta là sola, la sta là sola, la stà là sola..
Cun la dòna la nòcc la vola, la nòcc la vola, la nòcc la vola…
Ma se ariva ‘l puto, ol ‘riva ‘l puto, ol ‘riva ‘l puto,
alora la nòcc và a bruto, la nòcc và bruto, la nòcc la vàààà

(pausa. si rastrema)

E l’omo el pensa al lèto, el pensa al lèto, el pensa al lèto.
Nol pensa che al far l’amor, che al far l’amor, che al far l’amor.
Ma quando ghe riva ‘l puto, ghe riva ‘l puto, ghe riva ‘l puto,
l’omo el sparìss del tutt, el sparìss del tutt, el sparìss del tutt

(pausa. si pastura)

Ma quando che’l puto el crésse, el puto el crésse, el puto el crésse
la dòna la le patìss, la le patìss, la le patìss.
Besogna che farne ‘n altro, che farne ‘n altro, che farne ‘n altro,
e daghe Giacinto, daghe Giacinto, daghe finché ghe n’èèèèè

(pausa. si vanga)

E quando ne hai fati sette, ne hai fati sette, ne hai fati sette,
ghe fai pi’ veder le tète, veder le tète, veder le tète.
E quando ne hai fati otto, ne hai fati otto, ne hai fati otto,
ghe voi tajar giò ‘l canòto, e giò ‘l canòto, e giò ‘l canòto..

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hanno lavorato, lavoriamo

(it’s a mistake – men at work)

hanno lavorato bene..
dico, i genitori degli anni ’60 e ’70..

sentivano ancora il puzzo della guerra,
avevano voglia di trasportare il senso di libertà
che vivevano, ma non possedevano..

ai loro figli

in qualche modo lo hanno fatto..
ed è riuscito
oggi se ne vedono gli effetti

fantastici,
semplicemente fantastici

noi, nati nella più grande libertà,
genitori degli anni ’00
riusciremo a trasmettere ai nostri figli

lo stesso sentimento di libero pensiero?

noi, figli di molte distruzioni, e distrazioni,
riusciremo a trasmettere
un senso di costruzione ai nostri piccoli?

non lo so,
proprio non lo so..

sono sicuro che non bisognerà solo sorridere
per trasferire ideali

sono sicuro che non si dovrà solo concedere
per traslocare sentimenti

sono sicuro che molto si dovrà piangere
.. e non sarà ancora abbastanza..

una cosa ancora so,
hanno lavorato?
.. allora lavoriamo

con massimo cervello
e tutto, proprio tutto il cuore..

.. se ci va bene
verso il 2030,
qualche pazzo figlio di post-hippy,
forse darà un senso

alla nostra, vaga, immagine di futuro..

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Jaaaaaaaaazzz, babe..

ahe-m, mi schiarisco la voce. sempre, quando devo parlare preferisco schiarirmi la voce. perché si senta più forte e chiaro quello che ho da dire.
e anche perché spero che suoni meglio.
a-hem. mmh. dunque.
parto da lontano.
sono tanti anni che sono su piazza. sembrerà trito, ma sono davvero tanti anni. sai, in tutti questi anni ne ho vissute di storie. ne ho viste, e tanti me (tanti me stesso) ho visto. ho visto la solitudine, ho visto l’allegria, ho visto la passione. e tanto altro ho visto.
sai una cosa, mentre suona un caldissimo jazz sotto i miei tasti, ecco tanti tasti ho pigiato. tanti. per scrivere tante parole.
questa volta, come sempre, è diverso. è meraviglioso. cioè, non è meraviglioso questa volta. è meraviglioso come si possa scrivere. mi stupisco ogni volta. è meraviglioso come si possa esprimere sentimenti, pensieri, parola dopo parola, lettera dopo lettera. viaggiando su una tastiera. sempre la stessa, in fondo.
ecco, sono parole jazz. questa sera.
sai com’è il jazz. è fantastico. racconta storie pesanti, pesantissime. ma lo fa in maniera lieve. il jazz è lieve. eppure ha dentro tanto sangue.
già, il sangue. è il primo argomento che mi viene in mente, in questa sera jazz.
tu l’avrai capito, io sono il mio sangue. non del tutto, ma in buona parte. sono sangue.
sai com’è il sangue. gira, gira, gira, e non si ferma mai. svolta per le vene, evita i grumi, passa sopra a tutti i nodi. va, va, va, se ne va. non puoi inseguirlo, perché lui non si ferma mai. io vado, dietro al mio sangue.
quando ne sento il richiamo, quando lo sento, se lo sento, non mi fermo per niente al mondo. lo seguo. gioco con lui. ci schizziamo come due bimbi per la prima volta al mare. è la mia gioia e il mio tormento. ma c’è. io lo so.
lui c’è. è una delle poche cose che so. come io ci sono. io vado, vado, vado. troppo spesso oltre, l’ho imparato. spesso oltre. oltre il confine tra il lecito e l’illecito. e non sta in un paio di parole. è in ogni ruga sulla mia faccia. è lì. per fortuna si mostra, e me lo ricorda. ma io vado. io vado finché il mio sangue gira. perché è raro.
è raro il mio sangue, è raro che succeda di andare. bisogna volerlo. e io lo voglio. e non ci rinuncerei mai. ho tanto sudato per poter andare. adesso vado. non ci rinuncerei.
neanche per la ciccia. neanche per la carne. ecco, è arrivata anche la carne. al solito. le solite straripetute parole. la carne è una delle tante.
eppure la carne porta con sé l’odore. guarda, c’è più odore nella parola carne che in tutto un macello. io dico che l’odore va distillato e messo in tante boccette per poterlo far distinguere a quelli che non lo sentono. e per poterlo ricordare. l’odore di me, l’odore della prima volta, l’odore della prima sigaretta, l’odore di dopo la pioggia, l’odore dei quattromila metri, l’odore del freddo, l’odore del mare, l’odore del silenzio, l’odore della polvere, l’odore.. dio, quanti ce n’è.
sa di polvere questo jazz. sa di polvere perché è polvere, e come la polvere basta un soffio per farlo volare. basta un soffio in più, in quella maledetta malinconica tromba, per farlo suonare.
ma è un sogno. tutto questo è un sogno. tutto è solo un sogno.
poi arriva la mattina, arriva il sole, arrivano le auto, arrivano le vecchine con la sporta della spesa, arriva la raccomandata, arriva il mondo. ti si scaraventa addosso con la sua violenza infinita e invereconda.
e io mi nascondo. continuo a pigiare i miei tasti cercando di respirare. di sopravvivere fino a una nuova notte. fino al nuovo sogno.
ma lo so, sono tanti anni che sogno. lo so che non c’è modo di evitare il mondo. lo so che non c’è modo per far continuare il sogno. so cos’è il giorno, so cos’è la fine della musica. so che tutto appare più stinto. gli odori svaniscono, il sangue rallenta, la carne si rammollisce. lo so. lo aspetto ogni mattina. e lo riconosco. un po’ mi fa ridere, perché ho voglia di sfidarlo, il giorno si capisce. ogni tanto ci riesco. riesco a sorridere in faccia al mondo. riesco a farmi divertire dal giorno. riesco a fare del giorno un aperitivo della notte. ogni tanto no. ogni tanto è lui, il giorno, ogni tanto il giorno che mi ride in faccia. ride di me, della mia faccia pesta, della mia carne molle, del mio sangue rappreso.
una cosa ho imparato. ho imparato una cosa, dopo tante e tante notti e dopo altrettante mattine. ho imparato che solo io, il mio sangue, la mia carne e i miei odori possiamo avere memoria di noi stessi. per questo, alla fine, si è sempre soli. solo io posso raccontare a me stesso la poesia della mia vita, l’unica poesia che valga la pena di scrivere. certo, bisogna che suoni jazz. o rock, o funky, o blues. ma bisogna che suoni. e danzi, e canti. se suona ha memoria, se non suona svanisce fra i gas di scarico.
ora, mentre io scrivo queste righe di jazz, tu stai spegnendo la musica. stai spegnendo la tua musica. stai uscendo dalla notte di sogno, stai guardando il sole e le sue nuvole di polvere. forse hai finito di danzare, forse sei stanca e hai bisogno di respirare un poco. forse il tuo sangue si è fermato per un istante e, improvvisamente, il tuo cuore ha smesso di battere.
io non lo so. quello che so è che il giorno è sempre più scuro della notte.
e ogni giorno ha bisogno di un abbraccio. per arrivare fino alla prossima notte.
è meraviglioso poterlo scrivere. è meraviglioso poter passare il giorno in un abbraccio. è meraviglioso vivere il sogno di una notte. anche di una notte sola. e far crescere una ruga in più.
ravveduta e corretta. spero che il tuo giorno sia felice. vittima di un abbraccio. almeno quanto lo è la mia notte.
a-hem. buonanotte, vecchiaia.

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in Just Spring / è Fresca Primavera

in Just-Spring

when the world is mud-luscious
the little lame balloonman
whistles
far and wee

and eddieandbill come running
from marbles and
piracies and

it’s

spring

when the world is puddle-wonderful
the queer
old balloonman

whistles

far and wee

and bettyandisabel come dancing
from hop-scotch and jump-rope and

it’s

spring

and
the
goat-footed
balloonman

whistles
far
and
wee

è Fresca Primavera

quando il mondo ha il profumo
del fango
il piccolo, storpio
uomo dei palloncini

tira un fior di fiiiischio

e i ragazzini arrivano
di corsa da biglie e
guardie e ladri

è

primavera

quando il mondo
è una meravigliosa pozzanghera

l’eccentrico vecchio
uomo dei palloncini

tira un fior di fiiiischio

e le bambine vengono danzando
dalla campana
e dal salto alla corda

è

primavera

e quel farlocco
dell’uomo dei palloni

tira un fiior di fiiiischio

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lucertole

me ne sto là
stesa
al sole

vivacchio
ogni tanto mi scuoto
mi scaldo

fisso
fissa
fessa

umetto le fauci
con la lingua
biforcuta

sono impermeabile
sono immobile
sono stabile

scodo
scado
scudo

vorrei andare al mare
perché
sono di sale

gira il mondo
intorno a me
perché sono di sabbia

terra
terrà?
terrò

io potrò cambiare colore
ma non potrò cambiare me stessa

io potrò cambiare pelle
ma non potrò cambiare faccia

io potrò cambiare coda
ma non potrò cambiare il cuore

le mie rughe
sono le carte spaiate
di un giocatore
senza fortuna

i miei occhi
sono i mappamondi ovali
di un viaggiatore
senza meta

la mia pelle
è il vuoto a perdere
di un bevitore
senza bottiglia

baciami piccola,
prima che il tremendo rumore
di una foglia caduta sul prato
mi possa spaventare

e io fugga via
e non torni mai più
e tu rimanga sospesa
come una lucertola..

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i piccoli difetti

piccolo spazio fra i denti davanti
poca vergogna, finestra sul mondo

occhi che vedono punti distanti
non cercavamo realtà a tutto tondo?

passo distorto, va dritto a domani
gambe a parentesi, da cavaliere

grasse le mani, il naso a tre vani,
non son le cosce, è grosso sedere

pancino sfatto, e rughe a macelli
peli superflui e pelle d’arancia

chiazze di pelle che stan fra i capelli
bimba, se ridi ti cade una guancia

io vedo, stravedo, niente di strano
son pazzo, ti amo, sposami adesso

chiedo una volta, poi passo la mano
perché, gioia mia, tu sei un vero cesso

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Il pesce

(leggila facendoti risuonare nella testa Un sabato italiano di Sergio Caputo..)

C’è il massimo silenzio e tu sola fai rumore
forse devi sistemare il reggiseno,
forse devi, devi solo cambiare umore.

Tutti quegli studi non servono a capire la ragione
per cui le donne sono sempre in movimento.
Forse è solo un fatto d’emozione, forse solo l’ultimo cambio d’ormone.

Io, magari stanco, riavvolgo il filo e cambio l’esca.
Ma tu sei distratta, non capisci la ragione.
Perché! Dimmi cosa ci fai appiccicata a un uomo mentre pesca.

Fra due minuti passa di qui il più grande dei salmoni,
sotto questo cielo bagnato e buio di novembre.
Ma tu preferiresti Capri e una gran granita di limoni.

Porcogiuda, il ciclope verrà e avrà il tuo nome,
ma tu neanche lo sai e cerchi amore.
Gioia, non è il momento, non mi chiedere come

Ma giuro che sarà per te, e sarà per sempre,
se solo ti stai zitta subito, adesso.
Prendi, bastardo, prendi. Salta fra le deposte ombre!

Ma è tutto un complesso di cose e lascia stare,
ciclope se ne va senza abboccare,
e tu, non c’è motivo per cui non ti possa più baciare.

Hai vinto bambina ed è normale. Era solo un pesce e scivolava,
ma il tuo uretere urlava ed era vuoto. E bordeggiava.
E ti ho baciata. Solo ero un po’ distante. Mentre il colosso, al mare, libero nuotava.

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